Se vi capita di vedere un colore ripetersi più volte in un
film è possibile che il regista stia cercando di condizionare le vostre
emozioni. In un certo senso vi sta manipolando. Volete sapere come?
I registi riescono ad influenzare le nostre emozioni più di
quanto ci sia possibile immaginare. Vi basti sapere che la composizione di ogni
singolo fotogramma è studiata minuziosamente per colpire il subconscio su
più livelli e generare nello spettatore paura, gioia, tranquillità, ansia e
persino noia, senza mostrare, di fatto, nulla di particolare. Manipolare le
sensazioni è un’operazione complessa, che può servirsi delle più svariate
componenti di una pellicola. Usare suoni forti e improvvisi, ad esempio, può
generare panico. La stessa cosa vale per un montaggio veloce e frenetico o una
fotografia scura, dai toni cupi e stranianti. Al contrario, immagini luminose e
patinate possono creare un’atmosfera sognante, meglio se accompagnate da
melodie lievi e rilassate.
I colori giocano un ruolo essenziale se si vuole
stimolare una certa emozione al posto di un’altra; si può quasi affermare
che su un piano visivo siano importanti quanto le espressioni o la gestualità
degli attori, è proprio per questo che prima dell'avvento del colore si puntava
soprattutto su un trucco che evidenziasse i lineamenti o la mimica
facciale. Tuttavia, non esiste un modo giusto o sbagliato nell’usare le
tonalità. Spesso la scelta di una al posto di un’altra vuole semplicemente
soddisfare le esigenze estetiche o i gusti di un regista, ma va comunque tenuto
a mente che nell’accezione comune il rosso non evoca le stesse sensazioni del
giallo, così come il nero crea un’atmosfera differente dal rosa.
Ad ogni colore corrispondono uno o più significati e modi
di fare cinema, spetta solo al regista decidere quali usare.
Il “mio” color carbone lo si può trovare in pellicole dove
si possono vedere scene che incutono tristezza e sofferenza come ad esempio “la
tragedia della miniera” che è un film drammatico del 1931 diretto da George Pabst
.
SITOGRAFIA: